Titolo: La gemma di Ceylon
Autore: Amalia Frontali
Editore: Self-Publishing
Genere: storic romance
Pagine: 239
Prezzo: € 1,50 ebook
Data di pubblicazione: 15 gennaio 2019
Ceylon, 1817
A Dido Monica Monkford, dopo sei costose e sfortunate stagioni londinesi, non resta che emigrare nelle colonie per trovare un marito accettabile. A Ceylon si aspetta di sposare l'erede di Sir Havisham, ma appena sbarcata nell'esotica Colombo, scopre che le sue prospettive sono, suo malgrado, parecchio cambiate.
Nel frattempo la grande ribellione del popolo singalese contro il dominio britannico sta per infuriare...
“Dido Monica Monkford non era mai stata una ragazza fortunata.
Tanto per cominciare, aveva perso la madre venendo al mondo: quel che si dice un ottimo inizio.”
Questo è l’incipit della mia migliore lettura di questo mese, che mi ha riconciliato con i romanzi dopo decine e decine di storie lasciate neppure a metà. Mi hanno incuriosito l’ambientazione esotica, suggerita sapientemente già con il titolo, la cover elegante ma, soprattutto, la potenza narrativa e la raffinatezza dello stile che ho potuto saggiare già dall’estratto gratuito.
La protagonista, dunque, è precocemente orfana e ben presto viene dotata di una matrigna che le affianca una sorellastra ben più avvenente di quanto lei potrà mai diventare. A Londra, ai primi dell’ottocento, le ragazze della buona società non hanno molti anni a disposizione per accaparrarsi un pretendente da sposare; Dido non ne trova nessuno, dopo ben sei stagioni di vita mondana, e alla veneranda età di 24 anni la sua sistemazione diventa un vero cruccio per la famiglia. Non è bella, ma neppure brutta. Esile, capelli sottili, troppo alta, non colpisce il cuore o gli interessi di nessun buon partito, nonostante le nobili origini.
Eppure ha appreso alla perfezione le regole del bon ton, le applica rigorosamente, sa nascondere in modo egregio ogni emozione o pensiero critico, danza divinamente, ha una conversazione acuta e quando partecipa alle gare di tiro con l’arco per dame, sport in cui segretamente eccelle, lascia sempre vincere il primo premio a qualcun’altra di più importante. Quando si dice il senso dell’opportunità…
La soluzione che il padre poco affettuoso e la matrigna ancor meno premurosa hanno escogitato per lei è trovarle un marito molto, molto lontano. Il fidanzamento viene combinato con un rampollo inglese residente nella colonia di Ceylon, e Dido, senza grossi rimpianti, affronta il distacco dalla famiglia di origine, con la quale ha ben pochi legami sentimentali, e si imbarca verso una nuova vita.
L’autrice ci aveva avvisato nelle prime righe, però: Dido non si può dire una ragazza fortunata. Appena sbarcata, apprende che il suo promesso sposo è morto per una imprecisata malattia mentre lei era in navigazione. Quella che avrebbe dovuto essere la sua famiglia acquisita, tuttavia, composta dal padre e dalla sorella del defunto fidanzato, la accoglie volentieri per qualche mese. Risulta chiaro che in quel lasso di tempo dovrà trovarsi da sé un marito, o verrà rispedita in Inghilterra.
Iniziano qui le peripezie di una ragazza pragmatica e coraggiosa, che pensa di saper sempre tenere i piedi per terra e la testa sul collo. In effetti, un giovane ufficiale rimane colpito dalla sua sagacia e dalla sua bravura nella danza, e inizia a corteggiarla. Sembrerebbe la soluzione ideale, vero?
Perché allora, mentre da un lato Dido accetta razionalmente la corte sempre più serrata ma per nulla romantica del militare, dall’altro sente il cuore stretto in una morsa, come se qualcosa di sottile non le tornasse? E chi è il misterioso cavaliere che, a un ballo mascherato, il volto celato dalle sembianze dorate di una scimmia, l’ha condotta come nessun altro mai in un valzer vorticoso, danza moderna e considerata in società ai limiti della sconvenienza?
“La guidava con la mano destra, ben salda, esattamente al centro della schiena.
Fra la mano e la schiena c’erano un guanto, un abito di seta foderata, uno spesso corsetto e una camiciola, eppure le pareva di sentire il contatto bruciante delle dita sulla pelle nuda, in mezzo alla colonna, subito sotto le scapole. Arrossì e non sapeva bene perché.”
Le avventure della protagonista saranno tante e rocambolesche: l’isola e i suoi abitanti la affascineranno sotto tanti aspetti, insieme a lei saremo incantati dai panorami mozzafiato della giungla, dall’ardimento e dalla gentilezza dei nativi, e anche da uno sconosciuto che, con una confidenza inattesa, la guiderà alla scoperta dei segreti di Ceylon.
L’isola insegnerà tantissime cose a Dido, sia dal punto di vista sentimentale che sociale: è in atto una ribellione degli ultimi villaggi indipendenti contro l’annessione forzata delle truppe inglesi. La protagonista sarà testimone di soprusi e atrocità, e dovrà compiere delle scelte importanti e coraggiose, sia dal punto di vista affettivo che morale.
Ho amato moltissimo questo romanzo, che per certi versi mi ricorda quando, da bambina, divoravo i libri di Salgari, rapita dall’esotismo dell’ambientazione, dal tema del colonialismo e dagli intrecci a sfondo romantico.
In questa bellissima storia l’amore è in primo piano, ma come coprotagonista, a pari dignità, troveremo lo scenario degli eventi storici e le descrizioni vividissime della natura lussureggiante e dei rapporti tra occupanti e popolazione colonizzata.
Infine, ho apprezzato molto lo stile della narrazione: elegante, ricco, raffinato, senza essere tuttavia pesante o artefatto. A mio parere, in un romanzo storico veniamo trasportati nell’atmosfera del passato anche tramite il linguaggio, i dialoghi, le descrizioni, il vocabolario utilizzato; senza naturalmente voler copiare gli autori dell’epoca, tuttavia, se lo stile si adegua al contesto descritto rimanendo fluida e scorrevole, riesce a creare delle meravigliose suggestioni nella fantasia del lettore. Ed è proprio quello che è accaduto a me.
“Era difficile non baciarla di continuo. Ma era ancora più difficile smettere, una volta iniziato.
Le offrì il braccio e lei vi si appoggiò, con una naturalezza che gli suggerì che quel posto, nella sua vita e al suo fianco, le apparteneva più profondamente di quanto lei stessa avesse realizzato.”

























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