Titolo: La terrificante storia dei campi di concentramento
Autore: Andrea Pitfer
Editore: Newton Compton
Genere: narrativa
Data Uscita: 11 novembre 2018
pagine: 427
Prezzo: € 5,99
Inizialmente concepiti come strutture carcerarie per prigionieri di guerra, i campi di concentramento hanno mutato nel corso dei decenni la loro funzione, diventando feroci strumenti nelle mani dei governi che li hanno utilizzati. In questo libro, basato su documenti d'archivio e testimonianze dei sopravvissuti, Andrea Pitzer racconta la storia geopolitica dei campi di concentramento. A partire dalla Cuba del 1890, passando per le Filippine e l'Africa meridionale dell'inizio del XX secolo, proseguendo con i tristemente noti Auschwitz e Birkenau, fino ad arrivare ai gulag sovietici e ai campi di detenzione in Cina e Corea durante la guerra fredda. Il denominatore comune è sempre uno: i campi sono utilizzati come mezzi per la delocalizzazione civile e la repressione politica. Spesso giustificati come misura di protezione di una nazione, o anche degli stessi gruppi internati, sono invece luoghi brutali e disumanizzanti che hanno causato la morte di milioni di persone.
“La terrificante storia dei campi di concentramento” di Andrea Pitzer è un documentario nero su bianco sulla storia dei campi di concentramento sin dalle loro prime apparizioni.
Il sottotitolo recita:
“Da Auschwitz ai gulag sovietici, da Cuba all'Africa, dalla Cina alla Corea: storia di un orribile strumento di repressione e di morte”
Già dalle prime pagine si ha la chiara idea di come si svilupperà il testo. Si parte dallo sbarco degli spagnoli in America. I conquistatori invasero il continente con l'intento di “civilizzare” la popolazione nativa utilizzando metodi che poi, negli anni, vennero elaborati dando così vita alla nuova concezione di campi di detenzione.
Dall'inchiesta svolta dall'autrice si evince che l'utilizzo dei campi di concentramento non è limitata al periodo nazista e ai territori legati alla Germania in quel periodo storico. Molte nazioni e molti governi hanno utilizzato e utilizzano tuttora questi campi come metodi di controllo su porzioni di popolazione, etnie o gruppi di persone. Man mano che si va avanti con la lettura ci si rende conto che si assiste ad un utilizzo massiccio dei campi di detenzione in aree geografiche lontane fra loro con governi di orientamento differente e culture diverse. Ogni volta che si arriva all'utilizzo dei campi di concentramento ci si trova di fronte ad una giustificazione che rende apparentemente indispensabile l'utilizzo di questi metodi.
La potenza e la forza delle parole scritte in queste pagine deriva dal lavoro difficilissimo che l'autrice ha svolto consultando archivi storici, intervistando superstiti dei campi di concentramento, guardie che hanno prestato servizio all'interno o che ancora lo svolgono, testimoni oculari dei soprusi perpetrati ai danni dei prigionieri, visitando campi dismessi o ancora attivi nel mondo.
Ogni riferimento a documenti, pubblicazioni, interviste o testi è chiaramente riportata, il lettore può quindi approfondire l'argomento e non scordare mai che tutto ciò che è scritto non si basa su ipotesi elaborate dall'autrice.
“Esistono più o meno in tutto il mondo da più di un secolo. I loro simboli per eccellenza rimangono i casermoni e il filo spinato, ma un campo è definito più dai suoi detenuti che da caratteristiche fisiche: esiste ovunque un governo che detenga dei civili al di fuori delle normali procedure legali – talvolta segregando chi è considerato straniero o estraneo, talvolta con finalità punitive.Se le prigioni accolgono i rei condannati per un crimine dopo un equo processo, in un campo di concentramento sono detenute persone che, il più delle volte, non hanno mai avuto un reale processo.”
Il filo conduttore di tutto il libro è costituito dai diritti negati alle persone.
Ovunque, dal continente americano a quello europeo, dal continente africano a quello asiatico, sono sempre i diritti negati la base e il punto di partenza della nascita dei campi di concentramento.
Inevitabilmente ci si pone dalla parte dei prigionieri e si viene sommersi dalle domande sul perché una persona debba subire tali torture.
Leggendo questo libro si viene spinti alla riflessione sui temi trattati, riflessioni che non abbandonano il lettore quando termina la lettura. Questa, a mio avviso, è la grande potenza di questa inchiesta e il più grande merito dell'autrice. Non si riesce a chiudere il libro e dimenticare le righe lette, le storie raccontate, le vite distrutte e le vite recuperate in qualche modo.
“Chiunque sia stato torturato, rimane torturato.” Jean Améry sopravvissuto ad Auschwitz
Nel capitolo 9 si affronta la difficile questione delle Abuelas de Plaza de Mayo e delle torture inflitte alla popolazione argentina, mentre nel capitolo seguente si racconta la realtà nella quale ha vissuto San Suu Kyi in Birmania.
L'ultimo capitolo è dedicato a Guantanamo e ai processi nei confronti dei presunti colpevoli della strage dell'11 Settembre. Il campo, che ancora è operativo e che “ospita” prigionieri in attesa di processo, chiude il cerchio delle brutalità descritte in questo testo.
Tutte queste realtà terribili sono raccontate attraverso gli occhi di chi ha vissuto nei campi e ha subito le indicibili torture che spesso venivano negate al mondo esterno.
Il testo non è di facile lettura a causa dei passaggi prettamente descrittivi delle realtà e delle dinamiche politiche ma vale assolutamente la pena di impegnarsi alla comprensione del testo per avere un quadro completo del nostro passato e del nostro presente.
PRODOTTO FORNITO DALLA CASA EDITRICE
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